Gino Marotta nasce a Campobasso nel 1935.

A quindici anni si trasferisce a Roma, dove entra in contatto con gli artisti che animavano la scena romana, da De Chirico a Capogrossi a Turcato.

Ha basato la sua lunga vita artistica sull’esplorazione di nuovi linguaggi e sulla sperimentazione costante di nuove tecniche e materiali innovativi, condividendo le sue ricerche con i tanti movimenti d’avanguardia che si sono susseguiti dagli anni Cinquanta in poi.

Negli anni Cinquanta sviluppa una serie di soggetti, stili e tecniche assai diversificati: encausti, collage polimaterici, amalgame di sabbia. La personale alla galleria Montenapoleone di Milano segna il suo debutto nel giugno del 1957. Vi sono esposti arazzi, encausti e velatini.

Prende il via, alla fine del decennio, una nuova ricerca. Nel 1959 presenta a Roma alla galleria Appunto e a Milano alla Galleria dell’Ariete Piombi, Allumini e Bandoni, lamiere di ferro asportate dalle baracche romane che Marotta assembla lasciando visibili in molti casi le stratificazioni delle immagini incollate nel corso degli anni. Con i Bandoni inizia un periodo di ricerca ispirato al recupero dell’oggetto trovato e di quanto può essere riproposto come entità estetica.

 

Nei primi anni Sessanta, nei laboratori delle industrie chimiche, delle fabbriche e delle fonderie, sperimenta nuovi materiali quali poliuretani e poliesteri e realizza sculture servendosi dei procedimenti industriali per la produzione in serie.

Nel 1960 fonda insieme a Pietro Cascella, Piero Dorazio, Fabio Mauri, Gastone Novelli, Achille Perilli, Mimmo Rotella e Giulio Turcato il Gruppo CRACK, un movimento trasversale che si propone di promuovere una nuova concezione della libertà d’espressione fuori dagli schematismi.

Amico di poeti come Ungaretti e Cardarelli, realizza libri d’artista con Antonio Delfini, Giorgio Soavi e Emilio Villa.

La vocazione all’uso di materiali inediti prosegue con le sculture in metacrilato, un materiale artificiale, altamente tecnologico, in totale antitesi con i soggetti tratti dal mondo naturale. Con questo ciclo di opere sviluppa una ricerca volta a cogliere la dicotomia fra naturale e artificiale. Le lastre in metacrilato, bidimensionali e trasparenti, sono poste in sezioni ortogonali che conferiscono tridimensionalità alle sculture e permettono il rapido attraversamento della luce.

Il metacrilato per Marotta diventa un medium privilegiato. Egli lo descrive come “l’unico materiale che non degenera, perché altamente tecnologico”. La trasparenza, fino a quel momento appannaggio di materie nobili come il vetro, viene trasferita a questo nuovo materiale artificiale. È il metacrilato stesso a generare quasi per necessità l’introduzione della luce: “ho usato il colore luce invece del colore materia”, dirà Gino Marotta. In quegli anni inserisce la luce al neon nelle opere che espone alla mostra Naturale-Artificiale alla Galleria dell’Ariete di Beatrice Monti a Milano.

 

Dal 1967 al 1970 realizza opere-ambiente di grandi dimensioni come Bosco Naturale-Artificiale, Nuovo Paradiso, Eden Artificiale in metacrilato e Misura Naturale Cava in fiberglass.

Nel 1968, a Roma, durante la rassegna Teatro delle Mostre alla Galleria La Tartaruga di Plinio de Martiis, espone Foresta di menta, opera-ambiente multisensoriale i cui elementi concorrono a stimolare contemporaneamente i cinque sensi.

Nello stesso anno, nella manifestazione Arte Povera più Azioni Povere organizzata da Germano Celant ad Amalfi, partecipa con Giardino all’italiana, un intervento a carattere urbano costituito da balle di fieno. L’opera, inserita nella sezione Azioni Povere, nel progetto originale avrebbe dovuto prendere fuoco, trasformandosi in una linea nera sull’asfalto. Il passaggio dalla tridimensionalità alla linea non avvenne per motivi di sicurezza.

È del 1969 l’esposizione 4 artistes italiens plus que nature al Musée des Arts Décoratifs, Palais du Louvre, Parigi, con Ceroli, Kounellis e Pascali.

 

Gino Marotta ha partecipato e contribuito all’ideazione di alcune tra le mostre più significative dell’arte italiana contemporanea: Lo Spazio dell’Immagine a Foligno (1967), Amore mio a Montepulciano (1970) e Vitalità del negativo al Palazzo delle Esposizioni di Roma (1970-71). Pierre Restany a proposito scrive: "Sono convinto che il clima culturale di Roma dopo gli anni Sessanta sarebbe stato molto più squallido senza le grandi invenzioni tematiche di Gino Marotta".

Con la mostra Amore mio Marotta rende pubblica una ricerca iniziata alla fine degli anni Sessanta in cui smalti industriali dai colori acidi e violenti su lamiere zincate o ossidate e su lastre di metacrilato riproducono i suoi amori della storia dell’arte, da Perugino a Tiziano, da Cranach a Ingres e Hayez, o immagini da rotocalco di pin-up. Nelle scatole di metacrilato le figure lasciano trasparire materiali di diversa natura, dal cartone alle piume, dalla carta argentata alle stoffe di gusto popolare. Il tutto svela da un lato l’amore di Marotta per la pittura, dall’altro una vena d’ironia che accompagna costantemente la sua ricerca.

Nel 1971 partecipa alle mostre Elf Italiener Heute al Museum am Ostwall di Dortmund e Multiples The First Decade al Museum of Modern Art di Philadelphia e nel 1972 a Italy The New Domestic Landscape al MoMA di New York.

 

Si è anche dedicato al cinema e al teatro d’avanguardia. È di particolare interesse la sua collaborazione con Carmelo Bene. Nel 1972 realizza le scene e le sculture-costumi in metacrilato per il film Salomè e la scenografia teatrale di Nostra Signora dei Turchi e nel 1987 le scene e i costumi di Hommelette for Hamlet, che gli fanno meritare nel 1988 il premio UBU per la migliore scenografia.

 

Nel 1977 all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze espone i Rilievi, immagini anamorfiche e virtuali che emergono dalla struttura lignea.

Negli anni Ottanta si rivolge anche a materiali più tradizionali quali il marmo, il bronzo e la pittura a olio, proseguendo la sua ricerca sul linguaggio e sullo studio dell’incidenza della luce anche nelle opere pittoriche.

Dalla fine degli anni Novanta realizza nuove opere in metacrilato.

 

La luce artificiale, che ha caratterizzato il lavoro di Marotta degli anni ’60, ritorna nelle opere degli inizi del terzo millennio. Qui la luce è il LED, come nelle opere Ricognizione virtuale della savana del 2009 e Cronotopo virtuale, opera-ambiente del 2011.

Scrive l’artista: “I programmi digitali, il laser, i LED e i filtri colorati consentono di tracciare, secondo il principio delle fibre ottiche, le immagini forse allucinatorie nutrite di una temperatura luminosa mai pittoricistica, ma più significativamente ottico-spettrale (derivata cioè dalla scomposizione dello spettro luminoso) come sarebbe piaciuto a Balla per le Compenetrazioni iridescenti, se avesse avuto i mezzi di cui io posso disporre oggi. L’avventura artistica non è un mestiere né una professione, ma più verosimilmente un modo di essere, legato al destino del linguaggio che ci consente di dire fatti e storie ogni volta diverse”.

Nella personale del 2009 al MACRO di Roma espone Eden artificiale, una selezione di sculture in metacrilato e Ricognizione virtuale della savana, un’installazione lunga dieci metri che utilizza laser e LED. “La grande opera Ricognizione virtuale della savana è una lama di luci e colori in una sala buia. Una grande lastra in cui l’artista compie una perlustrazione del proprio lavoro, ordinando su un piano insieme immaginario e fisico le ‘icone’ virtuali di una ricerca artistica che si fa ipertesto”, scrive Luca Massimo Barbero, il curatore della mostra, nel testo di presentazione.

Nel 2011, alla 54. Biennale di Venezia, Padiglione Italia, espone il Cronotopo virtuale, un’opera-ambiente di luce colorata dove le immagini appaiono in tutta la loro virtualità e immaterialità. Qui, come dice Marotta: “La luce colorata, il colore ottico, in luogo del colore materico, assume una dimensione fisica”.

 “I lavori con la luce sono legati a un’idea di modernità che l’artista intende come libera progressione di vita…”, scrive Laura Cherubini, curatrice della mostra Luci d’artificio nel 2011 a Venezia.

 

Il 6 ottobre 2012 alla GNAM, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, si inaugura la mostra Gino Marotta Relazioni Pericolose a cura di Laura Cherubini e Angelandreina Rorro, “…una vera e feconda relazione intellettuale che ha prodotto una ‘mostra non mostra’, un percorso che si fa naturalmente seguendo quello già fatto da Marotta. Una relazione pericolosamente viva tra persone con ruoli diversi e con un obiettivo comune: verificare la vitalità dello spazio museo e delle sue collezioni rileggendolo attraverso gli occhi e il lavoro di uno dei protagonisti della scena artistica del secondo novecento e della contemporaneità. Per circa un anno dunque, si sono susseguiti appunti, incontri, confronti tra Gino Marotta, Isa Francavilla Marotta, Laura Cherubini, Angelandreina Rorro e la soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli che ha condiviso l’idea di un percorso e ne ha permesso la realizzazione”, scrivono le curatrici.

Il 16 novembre 2012 Gino Marotta muore a Roma.

Il 9 febbraio 2013, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ha luogo la giornata Per Gino Marotta, incontro di studio. Ne sono relatori Maria Vittoria Marini Clarelli, Maurizio Calvesi, Laura Cherubini, Bruno Corà. Fra le molte testimonianze: Lorenzo Canova, Barbara Martusciello, Raffaele Gavarro. In quell’occasione viene pubblicato il libro di Gino e Isa Marotta Lettere. CorRispondenze di arte e di vita, Maretti Editore.

 

Del suo lavoro e del suo pensiero artistico si sono occupati numerosi scrittori e critici d’arte, tra cui: Bruno Alfieri, Vito Apuleo, Alberto Arbasino, Flavio Arensi, Iolena Baldini (Berenice), Paola Ballesi, Guido Ballo, Luca Massimo Barbero, Renato Barilli, Giorgio Battistelli, Andrea Bellini, Fabio Belloni, Fortunato Bellonzi, Carmine Benincasa, Ilaria Bernardi, Achille Bonito Oliva, Giuliano Briganti, Palma Bucarelli, Rossana Buono, Maurizio Calvesi, Lorenzo Canova, Luciano Caramel, Luigi Carluccio, Flavio Caroli, Toti Carpentieri, Cesare Casati, Germano Celant, Laura Cherubini, Bruno Corà, Claudio Crescentini, Enrico Crispolti, Fabrizio D’Amico, Guido Davico Bonino, Mario de Candia, Jole de Sanna, Gillo Dorfles, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Flavio Fergonzi, Alberto Fiz, Raffaele Gavarro, Maurizio Grande, Emilia Granzotto, Walter Guadagnini, John Hart, R. C. Kenedy, Giorgio Kaisserlian, Udo Kultermann, Gian Piero Jacobelli, Renzo Marchelli, Giuseppe Marchiori, Maria Vittoria Marini Clarelli, Gianluca Marziani, Ada Masoero, Giulia Massari, Lea Mattarella, Filiberto Menna, Dario Micacchi, Federica Pirani, Giancarlo Politi, Elena Pontiggia, Paolo Portoghesi, Domenico Porzio, Ludovico Pratesi, Franco Purini, Franco Quadri, Emilio Radius, Pierre Restany, Angelandreina Rorro, Antonello Rubini, Franco Russoli, Adriana Sartogo, Edoardo Sassi, Giuseppe Sciortino, Vittorio Sgarbi, Franco Simongini, Leonardo Sinisgalli, Rodolfo Siviero, Giorgio Soavi, Tommaso Trini, Alessandra Troncone, Lorenza Trucchi, Marco Valsecchi, Lionello Venturi, Lara Vinca Masini, Emilio Villa, Maurizio Vitta, Cesare Vivaldi e molti altri.

 

 

 

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